Non è raro sorprendersi a rivolgere a se stessi commenti poco generosi sul proprio aspetto fisico. Magari mentre si prova un abito di fronte allo specchio, quando si deve scegliere quale portata del menù ordinare o alla fine di un pranzo gustoso e abbondante.

Si tratta infatti di occasioni perfette in cui può risultare quasi automatico infilare una frase, all’apparenza ironica, che faccia riferimento a una forma fisica tutt’altro che desiderabile e a chili in eccesso, descritti nelle più variopinte forme linguistiche. In questi casi, in cui molto spesso abbiamo un pubblico che ascolta, ci troviamo di fronte a un fenomeno che prende il nome di fat talk.

Ecco di che si tratta, quali sono le conseguenze e le ripercussioni psicologiche sulla persona e i suoi interlocutori e quali i metodi per evitarlo.

Cos’è il fat talk?

Per fat talk si intende il parlare in modo negativo del grasso. Discorsi e commenti, in genere espressi in tono ironico e rivolti verso se stessi, che ricorrono a immagini goffe e iperboliche per prendere le distanze e ridicolizzare un certo tipo di fisicità considerata uno status da temere e tenere alla larga.

Per fare degli esempi concreti di fat talk ci affidiamo alle parole delle scrittrici e attiviste Chiara Meloni e Mara Mibelli, riportando un piccolo estratto dal loro libro dal titolo “Belle di faccia: Tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico“:

“Se continuo così divento obesə!” “Questo vestito mi fa sentire una balena.” “Mi devo dare una regolata, sto diventando una portaerei!”.

Sono solo alcuni degli esempi con cui si esprime il fat talk, un’altra evidente manifestazione della grassofobia, una tendenza culturale sempre più dominante nell’attuale società, che contribuisce a diffondere un crescente senso di avversione per il grasso e a promuovere ossessivamente l’idea della magrezza, associata a un valore da possedere e sposare ad ogni costo.

Si tratta di semplici frasi, nella maggior parte dei casi condite da espressioni piuttosto colorite e pronunciate con l’intento di suscitare una risata, che hanno però una forte risonanza e importanti conseguenze, spesso non proprio visibili, nelle persone che si ritrovano ad ascoltarle.

Il termine è stato coniato negli anni Novanta da Mimi Nichter, una ricercatrice universitaria che, a seguito di un’indagine sociologica condotta su un campione di ragazze delle scuole medie, ha constatato come la maggior parte di queste si ritrovasse a parlare con le coetanee in modo compulsivo di grasso.

Non è un caso che il fenomeno abbia preso forma, tanto da aggiudicarsi un nome, in un momento culturale che ha sdoganato l’importanza dell’estetica e ha fatto dell’ossessione per l’immagine – più che della sostanza – un metro di giudizio e un parametro culturale che ha resistito fino ai nostri giorni.

Il fat talk, come del resto il diet talk, la tendenza cioè a parlare in modo morboso di diete, chili e forma fisica, riflette quindi la stessa ossessione che la società, grassofobica e fondata sulla diet culture, o cultura della dieta, manifesta nei confronti di ciò che non viene considerato conforme alle norme convenzionali e ai canoni tradizionali.

Fat talk e body shaming

Da quanto è stato detto fino ad ora risulta piuttosto evidente come il fat talk non sia un concetto così distante e diverso dal body shaming, la pratica cioè di rivolgere commenti negativi sulla fisicità altrui. Sebbene il destinatario del fat talk sia la persona stessa che lo pronuncia, questo risulta infatti comunque offensivo per chi lo ascolta, perché esprime a tutti gli effetti delle considerazioni negative e irrispettose che hanno per oggetto e scherniscono un tipo di fisicità non conforme alle norme considerate accettabili, ossia una fisicità grassa.

In moltissimi casi, infatti, lo scenario è il seguente: una persona magra o normopeso pronuncia un fat talk di fronte a una persona grassa, che, oltre a sentirsi umiliata, si suppone debba anche intervenire a “confortare” l’amico o l’amica per spirito di solidarietà.

Ce lo spiegano meglio e con parole esaustive e ad effetto le due autrici del libro citato in apertura, che nel 2018 hanno dato vita al progetto Instagram Belle di Faccia, da cui appunto il titolo del libro, con l’intento di diffondere il messaggio di body positivity e sostenere il movimento della fat acceptance:

Intanto vi diamo una notizia: è impossibile slegare il vostro disprezzo per il grasso da quello verso chi è grassə. Se siete magrə e avete inveito in questo modo contro voi stessə davanti a una persona che grassa lo era davvero, avete contribuito al disprezzo che probabilmente già nutriva per il proprio corpo, facendola sentire oltremodo sbagliata e ripugnante.

Di fronte a queste parole risulta lampante quello che il fat talk significa nella sua sostanza e le ripercussioni che può scatenare nelle persone che si ritrovano ad essere partecipi loro malgrado. Non sono però solo le persone grasse i bersagli colpiti dalla pratica del fat talk: queste frasi si insinuano nelle menti di ciascun interlocutore, che può risultarne infastidito, turbato o addirittura portato a considerare la questione, a cui prima non prestava ascolto, come problematica e meritevole di attenzione.

In molti casi, poi, una semplice frase può scatenare un lungo botta e risposta in cui ogni interlocutore finisce per consolare l’altro, insultando se stesso. Vi consegniamo un esempio-tipo, tratto sempre dal libro delle attiviste di Belle di faccia, Chiara Meloni e Mara Mibelli:

“Se sei grass* tu, io cosa dovrei dire?” “Eh, ma tu almeno hai un bel viso, io ho pure il naso gigante e le labbra sottili, praticamente sono un tucano.” “Ma tu almeno sei proporzionat* , io invece se mi metto le mutande di paglia sembro un fiasco di vino.”

Gli effetti psicologici del fat talk

Abbiamo già tratteggiato alcune conseguenze che il fat talk può provocare nella persona che lo esprime e nei suoi interlocutori, ma soffermiamoci nel dettaglio sulle ripercussioni psicologiche che questa diffusa abitudine malsana può causare. Frasi e commenti negativi che hanno per oggetto un corpo grasso possono colpire anche soggetti particolarmente vulnerabili o persone che già soffrono e lottano contro i disturbi dell’alimentazione, andando a scuotere un equilibrio precario o costruito con difficoltà.

Non solo, il fat talk, come il diet talk, può compromettere l’autostima, portare a sviluppare un’immagine negativa del proprio corpo, grassofobia interiorizzata e influire sul tono dell’umore, fino a sfociare in stati ansiosi o depressivi e aumentare il rischio di sviluppo di disturbi dell’alimentazione o pratiche malsane relative al cibo o all’esercizio fisico.

Le frasi tipiche con cui di norma si esprime il fat talk spingono infatti le persone che le ascoltano a fare confronti e paragoni e non è così difficile, pertanto, che in loro inizi a prendere forma un approccio critico e problematico nei confronti delle loro fisicità, anche in quei soggetti fino a quel momento estranei a questi tipi di dinamiche. In questo senso il fat talk può fungere quindi come un pericoloso trigger in grado di scatenare pensieri tutt’altro che virtuosi e potenzialmente pericolosi.

Inoltre, il fat talk, specie tra le giovanissime, finisce per diventare un rituale sociale e un comportamento quasi obbligato per entrare in connessione con l’interlocutore: in questa dinamica, infatti, l’interlocutore si sente spinto a controbattere con sentenze poco lusinghiere nei suoi stessi confronti, dando avvio a un “gioco” di continue offese che rischia però di scatenare atteggiamenti e pensieri malsani nei suoi protagonisti.

La cosa trova conferma nello studio condotto dalla dottoressa Jacqueline Mills, docente di psicologia al Cairnmillar Institute, con il quale ha rilevato una stretta correlazione tra l’impegno in discorsi sul grasso e la diminuzione della soddisfazione del proprio corpo. Stando a quanto riportato da Mills, infatti, il fat talk spinge gli interlocutori a focalizzarsi e a prestare attenzione sulle parti del corpo da loro non apprezzate e provoca una minore soddisfazione della propria immagine fisica e un approccio maggiormente problematico.

Come e perché evitare il fat talk

Risulta evidente come rompere quel corto circuito che si può innescare con il fat talk diventa non solo utile ma anche essenziale per evitare di consolidare false credenze e scatenare cattive abitudini e comportamenti problematici con serie conseguenze sulla nostra salute fisica e psicologica. Ma come possiamo fare? Ci sono diversi modi, tutti validi, per interrompere questo circolo vizioso e stoppare sul nascere una situazione di fat talk:

  • Cambiare discorso senza dare peso all’osservazione che abbiamo ascoltato né alimentarla in quel gioco pericoloso di continui auto-insulti, che abbiamo visto in precedenza. Un modo molto efficace è fare una domanda al nostro interlocutore, autore del fat talk, spingendolo ad abbandonare quel discorso e inaugurandone uno nuovo.
  • Un modo che consente di rompere la tensione e uscirne vittoriosi è rivolgere una battuta divertente che però faccia capire al tempo stesso al nostro amico o alla nostra amica con discrezione e gentilezza che non è il caso di proseguire su quel discorso. Si può ad esempio ricorrere a una frase affettuosa e ironica come la seguente: “Non voglio sentire parlare così del mi* amic*”
  • Un’altra possibilità è affrontare apertamente il discorso, soprattutto se ci troviamo di fronte a una persona con cui abbiamo grande confidenza. In questa circostanza, il momento può diventare un’occasione importante per esprimere la vostra opinione e indurre l’interlocutore a riflettere sulla questione, aprendolo a nuovi spunti di riflessione.
  • Dare il buon esempio: non esordire con esempi di fat talk, e non alimentarli laddove siano gli altri a farli, rappresenta un ottimo modo per indurre le persone che ci circondano a fare lo stesso e inaugurare così un nuovo modo di percepire la propria immagine e, di riflesso, anche quella degli altri.

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