Se proviamo a prestare attenzione, noteremo che durante la giornata sono molte le volte in cui può capitarci di ascoltare o fare dei commenti sul cibo. In molte di queste occasioni, però, questi non riguardano giudizi entusiastici su un piatto che stiamo mangiando, ma piuttosto, quanti addominali o chilometri di corsa ci toccherà fare proprio a causa di quel piatto calorico o quanti chili prenderemo per via della quantità di carboidrati che abbiamo ingerito in un solo pasto.

Al primo ascolto, queste suoneranno come frasi ironiche, che cattureranno una risata tra i presenti, inaugurando una infinita serie di altre battute “divertenti” sul tema.

In realtà, questo è un atteggiamento tutt’altro che innocuo e divertente, figlio della diet culture, o cultura della dieta, su cui ormai da decenni si fonda la nostra società, che continua a promuovere l’idea secondo cui la magrezza sia un valore da sostenere e una missione da sposare, a tutti i costi. Ma le conseguenze di un atteggiamento che, anche inconsapevolmente, continua a legittimare e perpetuare i dogmi di una società grassofobica che non accetta ciò che non è conforme alle sue regole, sono molte e piuttosto rischiose, ma passano troppo spesso inosservate. Ecco perché risulta importante prestare attenzione all’argomento e contribuire a rendere innocua questa cultura fondata sul mito della bilancia e sul conteggio delle calorie.

Cos’è il diet talk?

Dalle parole in apertura, avrete intuito che per diet talk si intende il parlare in modo ossessivo di dieta e calorie, il riferirsi al cibo come a un’entità pericolosa per la nostra forma fisica tanto da giudicarlo moralmente, arrivando quasi a credere che il nostro valore dipenda dalle scelte alimentari che compiamo o dal nostro peso.

Vi mostriamo alcuni esempi di diet talk, riportando qui di seguito un piccolo stralcio del libro delle attiviste Chiara Meloni e Mara Mibelli dal titolo Belle di faccia: Tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico“:

Questa pizza non la dovevo mangiare. Da lunedì digiuno e tisane depuranti alle erbe. Sono una scrofa, ho fatto il bis! Questi due piatti di pasta mi andranno tutti qui (indicando sedere, fianchi, pancia o qualsiasi cosa che di solito è considerata troppo grande). Da domani devo fare la brava, niente dessert per un mese.

Le parole delle due attiviste e scrittrici, che nel 2018 hanno dato vita al progetto Instagram Belle di Facciaimpegnato a diffondere il messaggio di body positivity e a sostenere il movimento della fat acceptance, sono alcune delle classiche frasi morbose su cibo e ossessione per la forma fisica, che può capitarci di ascoltare o pronunciare nel nostro quotidiano e a cui, purtroppo, abbiamo finito per assuefarci, spinti dalle pressioni della società e dai messaggi, subliminali ed espliciti, che veicola con veemenza.

Ma gli esempi che potremmo fare in questo articolo sono infiniti: riguardano ad esempio anche il bisogno di scusarsi o giustificarsi per aver ordinato un determinato piatto o per aver consumato una quantità di cibo giudicata eccessiva: “Scusa, ma non ho fatto colazione…”, la tendenza a rivolgere giudizi non proprio clementi sulle abitudini alimentari altrui: “Ma quanto zucchero metti nel caffè?“, fino alla cattiva e pericolosissima moda di considerare certi tipi di cibo maggiormente calorici un premio che si merita dopo un adeguato sforzo fisico o al contrario da cui è necessario stare alla larga per bilanciare un periodo non proprio rigoroso dal punto di vista alimentare: “Con tutto lo sforzo che ho fatto, mi merito una brioche” o ancora: “Adesso sono a posto con i dolci per almeno un mese”. Insomma tutti i discorsi, commenti e comportamenti che demonizzano il cibo e mostrano un continuo atteggiamento giudicante e moralista nei suoi confronti.

Questi sono solo alcuni dei moltissimi modi in cui la diet culture si manifesta nel nostro quotidiano e che abbiamo interiorizzato al punto da farla diventare la norma.

Perché il diet talk fa male

Come abbiamo accennato, il diet talk è ben lontano dall’essere innocuo e senza conseguenze. Innanzitutto, fa male alla persona che lo pronuncia e ne condivide il pensiero: giudicarsi in base alla quantità o al tipo di cibo ingerito, al rapporto tra calorie assunte e sforzi fisici effettuati, vivere con il costante bisogno di monitorarsi, privarsi di alcuni cibi considerati “pericolosi” per aderire a un modello imposto dall’esterno, crea disagio e frustrazione e provoca un notevole impatto sulla propria sicurezza e autostima, che ne esce spesso compromessa per via dell’impossibilità di aderire ai canoni irrealistici proposti dalla società.

Con questo atteggiamento, del resto, veicoliamo attraverso il cibo, e l’ossessione nei suoi confronti, la nostra avversione per il grasso, una parola quasi proibita, che la società odierna, dalla pubblicità ai media, ha abolito dal suo vocabolario e che ha trasformato in stigma, tabù, qualcosa da cui fuggire e non considerare tollerabile.

Ma non solo. Sposando questa convinzione ed esprimendoci attraverso il diet talk, possiamo offendere o creare disagio nelle persone che ci ascoltano e ci circondano, o, ancora peggio, innescare in loro pensieri negativi e meccanismi pericolosi riguardo all’approccio nei confronti de cibo. Molto spesso, infatti, ci lasciamo andare in alcune delle dichiarazioni sopracitate proprio di fronte a persone grasse che possono sentirsi offese e umiliate, persone per cui il peso non costituisce un problema ma che devono scendere ai patti con il fatto che lo è per le persone che hanno intorno, che non smettono di ricordarglielo. Questi commenti possono poi giungere a persone che soffrono di disturbi alimentari, che stanno lottando da anni per trovare un equilibrio o che ne sono usciti con fatica e convivono con la paura di ricaderci, per cui una semplice frase può trasformarsi in un ricordo doloroso e scatenare nuove crisi.

Ciò non significa che sia proibito scegliere di fare delle diete o che sia necessario ometterlo, semplicemente è bene che si inizi a diffondere una consapevolezza nuova e una maggiore sensibilità sul tema, che si comprendano le conseguenze della diet culture e i rischi ancora troppo sottovalutati che questa comporta, perché nessuno sia costretto ad avvertire pressioni, a sentirsi umiliato, deriso ed escluso socialmente per via di una fisicità non conforme alle norme convenzionali o di abitudini considerate anomale da una società che ha promosso per decenni comportamenti e modelli culturali disfunzionali e dannosi.

Ancora una volta ci affidiamo alle parole di Chiara Meloni e Mara Mibelli, contenute nel loro libro citato in apertura:

Non possiamo obbligare i brand a campagne e politiche più inclusive, non possiamo fermare la diet culture dall’oggi al domani, ma possiamo cambiare il modo in cui parliamo di noi stessə e degli altri, fare la differenza già nella nostra sfera personale. Smettendo di essere severe nel modo di guardare al nostro corpo, ci siamo riscoperte più clementi anche nei confronti delle altre persone, e ci siamo soffermate sempre meno a commentare il fisico altrui sino a estromettere il corpo dagli argomenti di conversazione e liberandoci in parte dall’influenza che le preoccupazioni legate all’aspetto fisico avevano sulla nostra vita.

Come rispondere al diet talk

Sono diversi i metodi che abbiamo a disposizione per affrontare i diet talk. Ecco alcuni dei più efficaci.

  • Cambiare conversazione cercando di dirottare il discorso su temi più interessanti: anche molto semplicemente su quanto sia buono quel caffè che state bevendo, un commento sull’ultima serie TV che avete visto o una domanda inerente alla vita del vostro interlocutore così che possa impegnarsi in un altro argomento.
  • Stare in silenzio. Anche questo secondo atteggiamento può essere particolarmente eloquente e utile: non asseconda un’abitudine tutt’altro che virtuosa che può creare problemi anche alle altre persone che ascoltano il discorso.
  • Se l’atmosfera che si crea risulta molto pesante e fastidiosa, e non sapete come uscirne ma non avete l’energia di affrontare una discussione, potreste anche scegliere di abbandonare la stanza o allontanarvi dalla situazione con una motivazione precisa: ad esempio, assentarvi per andare in bagno, e poi tornare approfittandone per cambiare discorso o sperare che sia già stato fatto dai presenti.
  • Se i commenti e le considerazioni vengono fatte da un estraneo, potete rispondere in modo assertivo, attraverso delle frasi che mostrino con chiarezza ed educazione la vostra opinione a riguardo. Ad esempio, potete ricorrere a una di queste: “Io credo che il nostro comportamento alimentare non ci autodefinisca, né debba essere materia di giudizio“, “Penso sia molto più salutare parlare di quanto sia buono o meno buono un cibo, piuttosto che concentrarsi su quanto sia il caso di mangiarne”, “Ogni persona sceglie di approcciarsi al cibo come preferisce, ed è giusto che lo faccia in piena libertà, senza che gliene venga fatta una colpa“.
  • Specie con persone con cui si ha una maggiore confidenza, si può spiegare la propria idea con sincerità, intavolare una discussione costruttiva e indurre i nostri interlocutore a sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti della tematica.

L’obiettivo non è quello di convincere gli altri, ma esprimere il nostro parere senza lasciarsi sopraffare dalla situazione, mostrando un punto di vista che può fornire ai nostri interlocutori una nuova angolazione da cui vedere le cose e far scaturire in loro delle riflessioni utili, che potrebbero indurli a non rimettere in atto in futuro questi comportamenti con eccessiva leggerezza.

È bene però che, sia che si scelga di ascoltare la discussione in silenzio, sia che se ne diventi una parte attiva, tendando di esplicitare le nostre convinzioni a riguardo, ricordiamo a noi stessi di non lasciarci influenzare da opinioni altrui che potrebbero ferirci, metterci in crisi o crearci dei disagi.

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