Cristina Martella: "Come la pandemia ha cambiato il rapporto con il make-up"

"Siamo chiamati a una grande sfida - conferma Martella -. Sicuramente la pandemia ci ha costretto ad accelerare, per esempio, sull'innovazione digitale. Diversamente ce la saremmo presa più comoda. Va necessariamente ripensata anche l'esperienza beauty in store che difficilmente potrà tornare a essere la stessa".

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Il mercato della bellezza era già in grande fermento e pieno cambiamento prima della pandemia.

In particolare, per dirla con le parole di un recente report internazionale realizzato da McKinsey & Company, “How COVID-19 is changing the world of beauty”¹, firmato da Emily Gerstell, Sophie Marchessou, Jennifer Schmidt, and Emma Spagnuolo:

Anche prima della pandemia, la definizione di “bellezza” stava diventando più globale, espansiva e intrecciata con il senso di benessere degli individui.

Di questa nuova definizione di bellezza, reticente (finalmente!) ai diktat di trend e canoni estetici escludenti e più inclusiva, anche in fatto di generi (ben oltre la divisione maschio/femmina), abbiamo parlato con Cristina Martella, Group Digital Marketing & Digital Pr Manager presso il Gruppo Sodalis che annovera, tra gli altri, Deborah Milano, azienda italiana storica, portavoce di un concetto di bellezza accessibile.

Non a caso, durante il primo lockdown, Deborah Milano ha lanciato una campagna social dal titolo significativo: “The New Beauty”: “Abbiamo chiesto a 50 influencer e social icon di mostrarsi struccate per raccontarci cosa significa per loro sentirsi belle e il loro rapporto con il trucco”.

Ne è uscito un corto in cui emerge una consapevolezza in linea con il momento globale (già pre-pandemia e consolidato dalla stessa): “Oggi truccarsi per noi donne non è più un gesto che facciamo per gli altri, per mostrarci al pubblico. Ma un gesto che facciamo per noi stesse, per sentirci meglio”. 

Sicuramente i social hanno contribuito a questo approccio home make-up e, complice la pandemia e la rivoluzione del lavoro smart da casa, è evidente che, sempre per citare il report McKinsey & Company:

I consumatori di tutto il mondo dimostrano con le loro azioni che trovano ancora conforto nei semplici piaceri di una “domenica di cura di sé” o di una passata di rossetto prima di una riunione Zoom.

L’effetto, del resto, è noto e si chiama Effetto Lipstick e si registra puntualmente in quei momenti di grande smarrimento e crisi mondiale (quelli che il filosofo e matematico libanese naturalizzato statunitense Nassim Nicholas Taleb chiama, i “cigni neri”:

eventi rari, di grandissimo impatto e prevedibili solo a posteriori, come l’invenzione della ruota, l’11 settembre, il crollo di Wall Street […]

L’effetto lipstick, semplificando il concetto, è

quella tendenza ad acquistare beni di lusso ma dal prezzo accessibile, come un rossetto di marca appunto, nei momenti di profonda crisi economica o in quelli che immediatamente la precedono.
(da www.insidemarketing.it)

Come dice Martella, “in pandemia più che mai abbia riscoperto il piacere di truccarci per noi stesse, per sentirci meglio, anche rispetto a una situazione che ci ha messo e ci sta mettendo a dura prova anche a livello psicologico”.

Confermando esattamente quell’effetto lipstick che si è visto prima di tutto in Cina, il primo mercato a essere affossato dal Covid (a  febbraio 2020, il settore beauty cinese ha segnato un crollo del 80%), ma anche il primo a sbattere le ali per rialzarsi (a marzo 2020 era già risalito a  un -20% ).

Il che, s’intende, non lascia dubbi sulla gravità del contraccolpo, semmai permette di presagire una tenuta a lungo termine. A questo proposito, Cosmetica Italia, Associazione Nazionale Imprese Cosmetiche scrive:

A fine anno si stima che il fatturato globale del settore cosmetico registrerà una contrazione dell’11,6% per un valore di 10,5 miliardi di euro; a condizionare questo risultato è il mercato interno (-9,3%), ma soprattutto l’export che segna un calo del -15%.

Il confronto tra la bilancia commerciale del primo semestre 2020 e quella dell’analogo periodo 2019 registra una variazione negativa di 311 milioni di euro, performance ben migliore di altri settori contigui non food.

Insomma, il colpo ha fatto male, ma molto meno che in altri settori e, soprattutto, dati alla mano, ha fatto bene alla digitalizzazione.

Uno sguardo all’andamento dei canali rivela in maniera ancora più evidente alcune importanti novità nelle abitudini di consumo. È infatti l’e-commerce il solo canale che registra un andamento positivo con una crescita stimata del +35% a fine 2020.

Siamo chiamati a una grande sfida – conferma Martella –. Sicuramente la pandemia ci ha costretto ad accelerare, per esempio, sull’innovazione digitale. Diversamente ce la saremmo presa più comoda. Va necessariamente ripensata anche l’esperienza beauty in store che difficilmente potrà tornare a essere la stessa”.

Che è poi la stessa conclusione cui arriva McKinsey & Company:

È probabile che la crisi acceleri tendenze pre-esistenti che già stavano plasmando il mercato, come l’ascesa globale della classe media e l’uso dell’e-commerce, piuttosto che segnare un terreno completamente nuovo.

Altra grande cambiamento che si intravede all’orizzonte è una frenata dell’ascesa della cosmesi bio e naturale. Almeno per com’è stata concepita finora.
Ne dà un’analisi interessante Mintel, agenzia di marketing intelligence mondiale. A partire dall’allarme lanciato da Forbes a fine 2019, in una articolo dal titolo allarmistico – “I microbi pericolosi si nascondono nel tuo trucco? Il nuovo studio dice sì” -, in cui si riportano i risultati di un’indagine fatta dall’Università di Aston e pubblicata sul Journal of Applied Microbiology: la pandemia ha rinforzato il timore della sicurezza dei prodotti “clean”, realizzati con ingredienti naturali e con scadenze più ravvicinate.

Secondo Clare Hennigan, Senior Beauty Analist Mintel:

Il futuro delle formulazioni di ingredienti puliti si baserà su ingredienti sintetici sicuri, che possono migliorare la durata di conservazione. I brand stanno intercettando il nuovo problema e per evitare che monti una sensazione di diffidenza nei loro confronti ci diranno di più circa i vantaggi e la stabilità degli ingredienti sintetici scelti, fornendo più prove e certificazioni che ne garantiscano la sicurezza.

E ci si aspetta anche una “rivoluzione” nei contenitori con formulazioni e packaging touchless che impediscano la contaminazione del prodotto aperto (es. polveri, spray, stick…).

Rivoluzione che Martella conferma e guarda con curiosità e coraggio imprenditoriale:

Dovremo trovare nuovi soluzioni, essere creativi. Il mondo stava già cambiando, come approccio alla bellezza, ed è fondamentale che i brand si facciano ambasciatori di questo, in ottica inclusiva e di costruzione di una nuova narrazione del concetto stesso di bellezza. Ora siamo costretti a ripensare anche tutto il resto: è difficile, soprattutto se si guarda a questo momento con gli occhi del presente, ma è altrettanto vero che i momenti di profonda crisi costituiscono anche un’occasione. Abbiamo l’occasione di plasmare un mondo diverso e di farlo come vogliamo. Un mondo migliore”.

E intanto cresce, inarrestabile, la real beauty, quel nuovo concetto di bellezza più autentica e inclusiva, che anche in questo caso si stava imponendo pre-pandemia, e ansie e nuove consapevolezze globali hanno reso ancora più necessaria. Di più, secondo Martella si tratta di una vera e propria responsabilità dei brand: “Le aziende della cosmetica e della bellezza hanno un ruolo fondamentale in questo: dobbiamo normalizzare una narrazione più realistica della bellezza; dobbiamo raccontare alle donne – e agli uomini, perché anche loro si truccano e finalmente non devono più nascondersi – che la loro forza è dentro di loro, non nell’adesione a un canone. Il ruolo dei brand o almeno di un brand come Deborah Milano è questo: aiutare le donne non a essere più belle, ma a sentirsi più belle”.

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