Sindrome del personaggio principale, quel desiderio di apparire diversi da ciò che siamo

La sindrome del personaggio principale, nota anche come "main character syndrome", è un'espressione popolare utilizzata per descrivere tutte quelle persone che vivono la propria esistenza come se stessero interpretando individui dissimili da ciò che sono realmente. Vediamo di che cosa si tratta nel dettaglio e come superarla.

All eyes on me. È l’effetto che trasmettono agli altri hanno alcune persone, vittime di quella che, a livello popolare, ha iniziato a essere descritta come “sindrome del personaggio principale”. Un insieme di atteggiamenti, convinzioni di sé e modi di mostrarsi che hanno lo scopo di concentrare tutta l’attenzione su di sé, come se questi individui interpretassero, appunto, i protagonisti di una serie TV, un film o un romanzo che si dipana solo nella loro dimensione personale, senza riscontri nella realtà.

Vediamo insieme di che cosa si tratta, quali sono le sue cause e come si può superare.

Che cos’è la sindrome del personaggio principale?

La sindrome del personaggio principale, nota anche come “main character syndrome”, è un’espressione popolare utilizzata per descrivere tutte quelle persone che vivono la propria esistenza come se stessero interpretando individui dissimili da ciò che sono realmente.

In questo senso, quindi, la persona interessata si comporta come se fosse la “protagonista assoluta” della propria vita, dimostrando, spesso, una tendenza ad amplificare in maniera sproporzionata gli avvenimenti che la riguardano. Nello specifico, le vittime di questa sindrome tendono a percepire la propria quotidianità alla stregua di episodi di una serie TV, di scene di un film o di capitoli di un libro, di cui loro sono, naturalmente, le protagoniste indiscusse.

Tutto gira intorno alle loro vicissitudini, in una costante ricerca di attenzioni, approvazioni e apprezzamenti, come se la vita fosse un palco perpetuo. Un palco sul quale si mette in scena una versione esacerbata degli eventi che contraddistinguono le loro giornate, tra comportamenti esacerbati, la resa drammatica o tragica di episodi ordinari e la sottovalutazione delle persone che le circondano, dando priorità solo alle loro emozioni ed esperienze.

Le cause e le origini psicologiche e sociali

Ma quali sono le cause, psicologiche e sociali, alla base di questo modo di vivere la propria esistenza? Le più verosimili – e diffuse – sono le seguenti:

  • bisogno di riconoscimento, appartenenza e comprensione: gli esseri umani, a prescindere dalle proprie caratteristiche, necessitano di stima e di sentirsi speciali e apprezzati. Se ciò non avviene in modo sano, potrebbe emergere la volontà di percepirsi protagonisti assoluti della propria vita e di porsi in questa modalità anche nei confronti delle altre persone;
  • bassa autostima: gli individui che provano la sindrome del personaggio principale sono, spesso, caratterizzate da una profonda insicurezza, che sarebbe, dunque, compensata da un atteggiamento iperbolico e fuori luogo;
  • egocentrismo evolutivo: da bambini, come ha osservato Piaget, vi è una fase di crescita in cui ci si relaziona con il mondo unicamente mediante il proprio punto di vista, senza essere capaci di percepire la differenza tra la propria prospettiva e quella altrui. Questa attitudine può continuare a persistere anche in età adulta, dando vita a comportamenti egoriferiti ed escludenti.

E poi, ancora:

  • influenza dei social media: l’idea di “vivere la vita come in un film” può essere enfatizzata anche da piattaforme quali Instagram, Facebook, TikTok e affini, che presentano versioni idealizzate, perfette e irraggiungibili di esistenza, creando, così, un senso agonistico deleterio;
  • individualismo: la cultura dominante vede un’attenzione spropositata nei confronti dell’individuo, promuovendo l’idea di quest’ultimo come unico, speciale e insostituibile ed enfatizzando il successo personale rispetto a quello collettivo;
  • modelli mediatici: talvolta, poi, la sindrome del personaggio principale può stagliarsi come una risposta ai modelli proposti da film, serie TV e pubblicità, spingendo chi ne è vittima a emulare i modelli osservati;
  • desiderio di controllo: essere i protagonisti della propria vita consente, inoltre, un pieno controllo su di essa, soprattutto in quei soggetti che hanno l’esigenza di non farsi prendere alla sprovvista dagli eventi.

Il rapporto tra noi e i social network

Proprio i social network possono ricoprire un ruolo principale in questo modo di vivere la propria esistenza. Il rapporto con i social media è complesso, stratificato e contradditorio, ma è ormai innegabile l’estrema ingerenza che essi posseggono nei nostri confronti: essi, infatti, sono in grado di modificare la nostra relazione con l’identità, la società e la comunicazione, apportando sia benefici, sia, nella maggior parte dei casi, effetti negativi.

In primo luogo, i social offrono la possibilità di costruire e mostrare un’identità filtrata e falsata di sé, di cui si mettono in luce solo gli aspetti positivi e migliori, enfatizzando i successi e omettendo le difficoltà, le frustrazioni e i momenti di crisi. Ciò può condurre a uno scollamento tra la realtà e la finzione, stimolando la necessità di vivere una vita che non è la propria, che si traduce nell’interpretare, anche fuori dagli schermi, un personaggio che non esiste.

I social media, inoltre, costituiscono spesso una fonte di validazione e accettazione, dove like, commenti e visualizzazioni divengono una sorta di “ricompense digitali” in grado di creare una vera e propria dipendenza emotiva. In tal modo, si alimentano competizione, paragoni e confronti costanti con gli altri, inficiando il proprio benessere psicofisico e la propria autenticità.

I rischi e i pericoli

Frequentare con assiduità i social network, perciò, può portare con sé una sequela non indifferente di rischi e pericoli. Vediamone insieme i principali:

  • impatti sulla salute mentale, con l’innescarsi di sensazioni di inferiorità, invidia e insoddisfazione personale;
  • comportamenti compulsivi, causati dalla dipendenza che deriva dal loro utilizzo e dalla scarica di dopamina provenienti da notifiche e like;
  • aumento di stati di ansia, depressione e isolamento sociale, soprattutto nelle persone più giovani;
  • stimolazione della FOMO (Fear Of Missing Out), ossia l’ansia di “perdersi qualcosa” e la correlata esigenza di stare “sempre connessi”.

Senza dimenticare, inoltre:

  • superficialità nelle relazioni, dovuta a connessioni semplici e immediate a scapito di rapporti più profondi e significativi – sostituiti dai primi;
  • incitazione alla competitività e al disaccordo, con la diffusione di discorsi d’odio, commenti negativi e insulti facilitati dall’anonimato;
  • pressione per il raggiungimento della perfezione, con la promozione di standard irrealistici e irraggiungibili di bellezza, successo e felicità;
  • erosione della privacy personale e collettiva, proveniente dalla normalizzazione della condivisione dei propri spostamenti e della propria posizione – sia essa un ristorante, un festival musicale o un luogo di villeggiatura.

Come superare la sindrome del personaggio principale?

Se la sindrome del personaggio principale inficia la propria quotidianità, rende invalidante svolgere azioni ordinarie e compromette le relazioni sociali, forse è il caso di confrontarsi con una persona esperta e riflettere sulla necessità di intraprendere un percorso terapeutico.

In generale, tuttavia, superare questo modo di approcciarsi a se stessi e alla propria esistenza si traduce in un iter volto ad acuire l’autoconsapevolezza, l’empatia e il dialogo con il mondo reale, trovando un equilibrio tra il valore personale e il riconoscimento da parte degli altri.

Da questo punto di vista, dunque, può essere opportuno riflettere sulle proprie sensazioni, sull’eventuale senso di inadeguatezza e cercare di comprendere da dove provenga questa necessità di sentirsi al centro dell’attenzione a tutti i costi, indossando una maschera che non ci appartiene. Al contempo, è utile alimentare la propria attenzione nei confronti delle altre persone, interessandosi sinceramente alle loro storie, al loro punto di vista e alle loro emozioni.

Infine, appare molto utile limitare la fruizione dei social media e, allo stesso tempo, ridimensionare le aspettative, accettare la “normalità”, abbracciare l’autenticità ed eludere il confronto costante con gli altri individui, favorendo, invece, momenti di connessione reale con amici, familiari e persone care.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!