"Non mi piace come appaio, ma nemmeno che questa cosa possa controllarmi"

"Non mi piace come appaio, ma nemmeno che questa cosa possa controllarmi"
Fonte: ph. Waleed Shah
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Molto spesso capiamo cosa significhi trovarsi in una certa situazione solo se la stiamo vivendo anche noi. E, se tante volte questo può rivelarsi il giusto atteggiamento da perseguire, dato che permette di giudicare le cose solo se si sa di cosa si stia parlando, dall’altro lato può anche significare non riuscire a provare empatia o coinvolgimento emotivo verso le persone che stanno affrontando o convivono con un problema.

Il fotografo degli Emirati Arabi Waleed Shah, ad esempio, ha voluto realizzare il progetto fotografico Rock your ugly, che si potrebbe tradurre come “celebra la tua bruttezza” partendo proprio da un’esperienza personale, e cercando persone disposte a raccontare cosa, nel loro aspetto, proprio non andasse. Naturalmente per rovesciare i cliché e abbattere i tabù legati proprio ai difetti e alle imperfezioni fisiche.

Waleed stesso stava combattendo con la propria autostima e il proprio aspetto fisico, e ha deciso di sviluppare questo progetto dopo aver postato una foto di se stesso, in cui era ben evidente un’accentuata pancetta.

Si legge sul suo sito ufficiale:

Nel gennaio dello scorso anno, ero piuttosto a disagio con la mia pancia, ho scattato un autoritratto e l’ho pubblicato su Instagram, ma non ho fatto nulla fino all’estate. Sono andato in vacanza, ho mangiato un sacco di cibo spazzatura, al punto che mia moglie ha iniziato a chiamarmi Pablo Escobar (riferendosi al ventre).

Questo è stato. Ho letto un libro intitolato The Obesity Code, l’ho messo in pratica e ho perso 10 kg in 3 mesi. Ho voluto iniziare a indagare le insicurezze corporee di altre persone da allora, ma non ci sono mai riuscito fino a poco tempo fa, quando ho perso il mio migliore amico a causa del cancro e volevo qualcosa, qualunque cosa, che riportasse il mio stato mentale sulla giusta rotta. Ho deciso di mettere insieme questo progetto e di guardare le cose attraverso lui. Il processo è stato come una terapia di gruppo. Vorrei ascoltare il dolore di qualcun altro e condividere il mio.

E, in effetti, fra le storie raccontate a Waleed ci sono testimonianze di persone che soffrono a causa della bulimia, per le cicatrici sul corpo, per delle malattie della pelle.

Insomma, per le ragioni più diverse, ma che portano tutti a una risposta comune: provare una profonda insicurezza per il proprio aspetto e cercare di nascondersi dagli occhi degli altri.

Con questo progetto Waleed ha cercato di dare delle risposte a se stesso, capendo che non c’è nulla di male in un’imperfezione estetica e che parlarne può essere solo il viatico per provare ad accettarla, e nel contempo ha cercato anche di offrire la medesima opportunità ad altre persone, e a far provare gli altri a mettersi nei loro panni. Ad avere empatia, insomma.

Sfogliate la gallery per vedere alcune delle foto del progetto Rock your ugly.