Bikini blues, come affrontare l'ansia di mettersi in costume
A molte persone non piace spogliarsi pubblicamente, ma chi soffre di bikini blues prova ansia e insoddisfazione al solo pensiero di acquistare il costume.
A molte persone non piace spogliarsi pubblicamente, ma chi soffre di bikini blues prova ansia e insoddisfazione al solo pensiero di acquistare il costume.
Con il termine “bikini blues” si indica un fenomeno per il quale le persone tendono a sviluppare emozioni negative come ansia e insoddisfazione nei confronti del proprio corpo al solo pensiero di fare shopping per acquistare un costume da bagno o di doverlo indossare in pubblico.
È quanto ha scoperto una ricerca condotta da psicologi della Flinders University nell’Australia del Sud, secondo cui anche pensare di provare un costume da bagno aumenta l’auto-oggettivazione, che si riferisce all’atto di vedere se stessi da una prospettiva esterna. Questo può influenzare negativamente l’umore in maniera maggiore rispetto all’atto di indossare effettivamente un nuovo costume da bagno.
Nello studio sono stati presentati in ordine casuale quattro scenari a 102 studentesse australiane, a cui è stato chiesto di immaginare di provare un costume da bagno, indossare un costume da bagno mentre camminavano lungo una spiaggia, provare un paio di jeans e un maglione e indossare un paio di jeans e maglioni mentre camminavano lungo la spiaggia. Ai soggetti è stato quindi chiesto di compilare un questionario progettato per misurare i loro sentimenti sull’auto-oggettivazione mentre si concentravano su ciascuno degli scenari.
Immaginare di provare un costume da bagno è stato trovato lo scenario più destabilizzante per l’umore, e spesso basta solo il pensiero di essere in un camerino per spaventare le donne.
Secondo la dott.ssa Marika Tiggemann, una delle autrici dello studio australiano, alla base del bikini blues ci sarebbe un meccanismo psicologico che spinge le persone, e in particolare le donne e vivere con ansia, frustrazione – in alcuni casi anche depressione – non solo il momento dello scoprirsi pubblicamente, un po’ come accade in chi è affetto da disabiliofobia, ma addirittura quello della scelta del costume da bagno.
In questi casi, è come se il cervello si “sdoppiasse”, separando la mente razionale dal corpo, valutandolo come un oggetto separato, e quindi come un possibile bersaglio di critiche negative che possono avere un forte impatto sull’autostima.
Questo processo prende il nome di auto-oggettivazione e può portare conseguenze negative come la vergogna è il monitoraggio costante del proprio corpo.
Secondo uno studio condotto online nel 2018 da In a bottle, l’idea di iniziare a scoprirsi e mettere il costume da bagno provoca in oltre un italiano su 2 (51%) sentimenti contrastanti come euforia (27%) ma al tempo stesso ansia (34%) e insoddisfazione per la propria forma fisica (38%).
A sentire di avere qualche chilo in più è il 34% delle donne e il 39% degli uomini – di cui appena il 12% dichiara si sentirsi pronto a scoprirsi – ma sono soprattutto le donne a soffrire gli effetti del bikini blues.
La sensazione di non essere in forma, infatti, le porta a essere quasi intrattabili (24%), andare in apprensione (23%) e farsi prendere nello sconforto (18%). Secondo lo studio, invece, gli uomini si mostrano meno impattati dal blues dell’indossare il costume e «sono coloro che si scoprono più forti e ammettono di non piangersi addosso (13%) e di non farne un dramma (10%)».
Quando si parla di affrontare il bikini blues, molti suggerimenti e consigli sono di tipo nutrizionale e puntano cioè a modificare una forma fisica ritenuta imperfetta agendo sulle abitudini alimentari per poter ottenere il tanto agognato dimagrimento.
Quello che dovremmo cambiare, però, non è il nostro corpo ma il modo in cui guardiamo noi stessi e ci giudichiamo. Come spiega la psicologa Marika Triggerman,
È bene cercare di focalizzare l’attenzione non sull’aspetto del nostro corpo, quanto sulla funzione, ad esempio immaginandoci in attività piacevoli mentre si sta bene e ci si diverte. E infine, cercare di non prendersi troppo sul serio.
Curiosa, polemica, femminista. Leggo sempre, scrivo tanto, parlo troppo. Amo la storia, il potere delle parole, i Gender Studies, gli aerei e la pizza.
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