Psoriasi, vitiligine, acne, sono molte le malattie della pelle che spingono nel disagio chi ne soffre, e rendono difficile accettare l’immagine che si vede riflessa nello specchio.
Problematiche di questo tipo spesso non sono comprese realmente nella loro complessità dall’esterno, non si capisce che gli sguardi, i commenti sottovoce o le occhiate incuriosite possono mettere ancora più in imbarazzo chi è costretto a conviverci, e che non tutti hanno la forza d’animo per fregarsene dei giudizi altrui o l’autostima sufficiente per capire di essere molto di più di una persona affetta da un disturbo della pelle.
Una cosa, però, è certa: parlarne è importante. Sia perché approfondire la conoscenza sulle malattie della pelle contribuisce ad abbattere lo stigma sociale che tuttora le circonda, sia perché il confronto fra persone che ne soffrono può aiutarle a raggiungere una maggiore consapevolezza e a liberarsi dall’idea di essere “sole”.
È esattamente in questo contesto che si inserisce Project Naked, una vera e propria community nata da un’idea di Rocye Wong.
Lei, malese, combatte contro la psoriasi da quasi tutta la vita, e ha deciso di dare voce a chi, come lei, affronta ogni giorno un problema che, lungi dall’essere solamente fisico, interessa moltissimo anche l’aspetto psicologico e relazionale delle persone.
Senza dimenticare altri problemi che spesso le persone cercano con forza di nascondere, dalla dislessia fino al lupus.
Project Naked nasce come piattaforma virtuale nel 2018; qui le persone, riempiendo un form, possono chiedere di partecipare alla discussione raccontando la propria storia, consapevoli di trovare un supporto e un ascolto virtuali ma che possono, comunque, essere di grande aiuto.
Solo un anno dopo la sua creazione, Project Naked ospita decine di persone che hanno accettato di entrare a far parte della community per parlare delle proprie battaglie personali.
Usando le loro storie come modello per cambiare in maniera positiva la mentalità sulle malattie, la comunità di Project Naked mira a coltivare la resilienza, mostrando al mondo che ciascuno di noi può trovare in se stesso la forza che gli permette di capire che non c’è nulla di male nell’essere vulnerabili, ma che, pur essendolo, si può comunque essere d’aiuto anche agli altri.
Oggi Project Naked è anche un account Instagram, in cui sono ritratti molti dei protagonisti che hanno scelto di mettersi in gioco raccontandosi. Proprio Rocye ci spiega chi sono:
Sono tutte persone con cui sono entrata in contatto su Instagram. Voglio mostrare alla gente che, per permettere alle persone di poter essere vulnerabili, devi esserlo tu per prima. Mi piace pensare che questi contributi siano il risultato della condivisione della mia lotta e che la mia esperienza abbia mostrato alle persone che mostrarsi vulnerabili, anche se spaventoso, allo stesso tempo è estremamente liberatorio.
L’obiettivo, quindi, è chiaro, ci dice ancora Rocye:
Creare una comunità più aperta e supportata in cui le persone non abbiano paura di essere se stesse. Ma anche coltivare e nutrire il senso della resilienza, soprattutto tra le persone più giovani.
In gallery abbiamo raccolto alcune delle storie raccontate dai protagonisti che hanno accettato di metterci la faccia per sensibilizzare rispetto a una tematica tanto importante.
L'acne mi ha portata a odiare ciò che vedevo nello specchio
“A questo punto, l’anno scorso, stavo vivendo il peggiore breakout che si possa immaginare. Anche se l’acne è piuttosto comune, questo non mi rincuorava. Se la mia autostima era già bassa, allora precipitò inesorabilmente.
Mi agitavo quando le persone (soprattutto quelle che conoscevo) mi dicevano senza mezzi termini “Wow, ti è scoppiato un sacco!”. Come se non vedessi lo specchio ogni giorno e odiassi ogni centimetro dell’immagine che vedevo con i miei stessi occhi. Detesto il fatto che ho avuto questa immagine e questo era quello che la gente vedeva ogni singolo giorno. Non è migliorato per molto tempo. Con le mie terribili abitudini del sonno, e il lavoro che si accumulava ogni volta, quando ho avuto il tempo di respirare e di prendermi cura di me stessa?
Mi sono ricordata di mettere il correttore e il fondotinta per coprire il segni dello scoppio dell’acne, ma lo ha solo peggiorato. Poco tempo dopo, era troppo doloroso perfino lavarmi la faccia, perché la mia pelle era troppo sensibile e incline a sanguinare a contatto con l’attrito. Feci del mio meglio per isolarmi quando possibile, così da non incontrare nessuno se non fosse strettamente necessario. Ero invidiosa delle persone che aveva abitudini peggiori delle mie, ma una pelle assolutamente sana da neonato.
Francamente, non è stato un buon momento. Anche ascoltare la mia famiglia che me lo faceva notare ogni giorno era troppo. Non ho mai capito la necessità per le persone di dirmi che non facevo abbastanza per la mia pelle, che non bevevo abbastanza acqua, eccetera.
Avrei potuto bere un intero oceano e avere comunque una pessima pelle. È come se i problemi ormonali non fossero presi in considerazione. Questo mi ha indirettamente fatto prendere l’abitudine di censurare la mia faccia con degli scarabocchi prima di pubblicarli sui social media.
Mentre mi sono liberata dell’acne, le cicatrici rimangono. Non è lo stesso, e dubito che lo sarà mai. Non posso dire che la mia autostima sia migliorata, ma almeno le persone hanno smesso di fissarmi o di fissare la mia pelle. L’abitudine di censurare la mia faccia a volte continua È un po’ difficile liberarmene.”
La psoriasi ha ridotto la mia vita in pezzi, poi ho capito che l'aspetto fisico non ti definisce come persona
“Sono cresciuta in una famiglia felice e completa, circondata da amici meravigliosi, ho un bell’aspetto e il cervello… La gente dice che ho la vita perfetta, e hanno ragione, non potrei chiedere di più!
Il colpo di scena della mia vita è accaduto 4 mesi fa, quando mi è stata diagnosticata la psoriasi. Nel momento in cui il mio dermatologo mi ha detto questo ho pensato che sarebbe stata la mia fine.
Il mio primo focolaio ha ridotto la mia esistenza felice a pezzi. Non riuscivo a capire l’intero concetto di questa malattia, o almeno non volevo. La psoriasi era su tutto il mio cuoio capelluto, schiena, petto, collo, braccia e gambe. Ho odiato la mia pelle più che mai. Ogni volta che sono sola non posso fare a meno di piangere, perché mi prude tanto e odio la vista e la sensazione della malattia.
Quando le mie condizioni sono peggiorate, ho smesso di frequentare le lezioni perché non avevo nemmeno il coraggio di uscire dalla mia stanza. Non volevo che nessuno mi vedesse debole e sofferente. Sono stati i momenti più difficili della mia vita, ho lottato con me stessa, non sapevo cosa fare… Era troppo per me. Non sapevo come guarire, il pensiero di non stressarmi e di essere una laureanda mi frustrava così tanto che dentro di me urlavo.
Nei momenti di bisogno la mia famiglia e gli amici erano lì per me, dopo alcune settimane di costante incoraggiamento e in cui mi hanno fatto sentire amata ho acquisito il coraggio e la motivazione per lasciare andare le cose, andare avanti e guarire. Ho iniziato a collaborare con il mio dermatologo per quanto riguarda i farmaci e ad avere uno stile di vita sano, e in poche settimane ha iniziato a guarire fisicamente, mentalmente ed emotivamente.
L’aver visto la mia psoriasi andare via mi ha fatto capire che sono ancora la stessa di prima, felice e contenta di me, poi ho iniziato ad accettare il mio destino e di nuovo ad amarmi.
La mia famiglia e i miei amici mi hanno insegnato che non importa quanto cambia il tuo aspetto fisico, questo non ti sminuisce… Perché sei più del tuo aspetto, dei tuoi risultati o dei tuoi fallimenti. Tu, come me, sei una persona molto speciale, unica nel suo genere, degna di essere apprezzata sempre.”
La mia spina dorsale è storta, il mio spirito no
“Ho la scoliosi. È una condizione medica in cui la colonna vertebrale di una persona ha una curva laterale. La mia curva ha una forma a S di 43 gradi. Prima di tutto, vi prego, perdonatemi se voglio rimanere anonima, devo ancora trovare il coraggio di espormi al mondo.
Per nascondere il mio corpo indosso abiti larghi. Voglio nascondere le mie spalle irregolari e i fianchi irregolari. Voglio nascondere tutte le mie insicurezze e difetti ma, alla fine, ci sono persone che si accorgono delle mie condizioni. Sapevo che c’era qualche anormalità nella mia spina dorsale da quando avevo 9 anni, ma ero troppo giovane per sapere che qualcosa non andava.
Mi è stata diagnosticata quando avevo 17 anni. La mia vita è cambiata da allora, da quel giorno in poi sono consapevole che vivrò ufficialmente con una spina dorsale storta per il resto della mia vita. Ho avuto difficoltà ad affrontare la realtà, è stato ancora più difficile affrontarmi allo specchio. Volevo essere normale, volevo essere proprio come gli altri, avere un corpo perfettamente proporzionato. Ho pianto per giorni nella stanza. Perché io? Chi mi amerà? Chi abbraccerà il mio corpo storto? Non c’è stata risposta.
Mi rivolgo alla mia famiglia, ai miei amici e mi dedico alla mia religione. C’è stato un momento di rivelazione. Ho capito che dovevo accettare me stessa, essere orgogliosa di me, che sono perfetta a modo mio. Faccio le cose che amo, ho partecipato a musical, ho ballato su grandi palchi. Indosso qualsiasi vestito che mi piace. La mia spina dorsale e le spalle fanno ancora male a un certo punto, ma vivo la mia vita. La mia spina dorsale è storta, ma non il mio spirito.”
L'idea di avere una storia mi faceva paura, chi avrebbe amato una come me?
“Avevo 8 anni quando la mia vita è cambiata. La mia vitiligine è iniziata come un puntino sul mio viso, che gradualmente ha iniziato a diffondersi nel resto del mio corpo nel tempo. Ora, non sapevo che questa cosa sarebbe diventata parte di me trascinandomi in una montagna russa di emozioni da 17 anni a questa parte. Quando ero più giovane, la mia pelle non mi ha influenzato tanto. Le mie macchie bianche erano minime e non così evidenti.
Tuttavia, quando ho iniziato a crescere, durante l’adolescenza, tutto ha iniziato a diventare più difficile. La mia pelle è peggiorata molto prima di iniziare il liceo. Immagina di andare in una scuola dove tutti gli altri sembrano normali, e tu sei l’unica ‘diversa’. Questo è come mi sono sentita durante tutta la mia vita scolastica. Sono stato vittima di bullismo a causa di come apparivo. Sono stata presa in giro e mi hanno affibbiato nomignoli come ‘il cane dalmata’, ‘strana’, e così via. Odiavo il liceo, e ho iniziato a odiare me stessa.
Mi sentivo come se non mi appartenessi, ed ero sempre così insicura. Odiavo svegliarmi al mattino e guardare il mio riflesso nello specchio e desideravo assomigliare alle altre ragazze in giro. Volevo essere normale così da poter ‘adattarmi’ ed essere come tutti gli altri.
Al di fuori della scuola, avevo a che fare con altre persone che mi fissavano, ridevano e facevano commenti sulla mia pelle. Ho nascosto ogni emozione ai miei amici e alla mia famiglia perché avevo troppa paura e mi vergognavo ad aprirmi e parlarne con loro. Crescere da ragazza che sembrava diversa era molto difficile per me. Sono arrivata a un punto davvero basso della mia vita, e ho faticato a uscirne.
Anche se sembravo stare bene all’esterno, stavo combattendo i miei demoni ogni giorno dentro di me. Mentre le ragazze delle superiori avevano fidanzati e relazioni, io avevo paure e insicurezze al pensiero di avere una storia, perché sentivo che nessuna persona avrebbe mai amato una ragazza come me.
Mi ci sono voluti 17 anni per costruire lentamente la mia fiducia e infine accettarmi come sono. Anche se oggi sono più a mio agio con me stessa, continuo a lottare con le mie insicurezze quotidianamente.”
Mi spaventa non sapere cosa accadrà domani, ma non posso farci niente
“SLE / Lupus – familiare a qualcuno, non noto a molti.
È una malattia autoimmune, più comune nelle donne rispetto agli uomini. È una malattia che causa infiammazione, si verifica quando il corpo non riesce a riconoscere le cellule buone o cattive, quindi attacca tutto nel suo percorso. A differenza delle cellule in crescita come il cancro, il lupus attacca i sistemi – ma proprio come il cancro, il lupus non ha cura.
Mi sono adattata ai sintomi con facilità, non ho lottato molto con il fatto che ho costantemente la febbre lieve, la grave stanchezza o il fatto che non posso stare al sole a lungo. Ciò che mi ha colpito di più è stato il fatto che il mio corpo ha costantemente superato la mia mente. Ho lottato con i limiti della diagnosi – non posso più fare lunghe ore al lavoro, sono costantemente prosciugata ogni giorno. Gestisco un F&B [Food & Beverage, ndr.] per vivere, e la verità è che amo ciò che faccio. Adoro le sfide e quello che riceviamo dal lavoro, ma più ho cercato di affrontarlo, più mi deterioravo. Lentamente, ho fatto un passo indietro da tutto.
Immagino che la sfida più grande da affrontare sia il fatto che ho dovuto fare tanti sacrifici per far fronte alla malattia. All’esterno, sembravo star bene. Dentro, ho faticato a lasciare andare la versione della vita che volevo da sola: le speranze e i sogni che avevo una volta. Non posso dire quante volte ho lasciato che la mia vita si muovesse nel mood ‘autopilota’, vivendo la routine quotidiana ma completamente intorpidita all’interno.
D’altra parte, faccio fatica a non sapere cosa succederà più avanti. Mi spaventa, e i miei cari aspettano il peggio. Il lupus finisce spesso con il crollo degli organi, a cominciare dai reni. Per fortuna non sono ancora a questo punto, ma riconoscere questa realtà mi spaventa molto. Quindi, affrontiamo tutto al meglio che possiamo. Lo affronto tuffandomi nel lavoro, mi tranquillizza quando so di aver fatto del bene durante il giorno, di aver preso decisioni d’impatto, di aver aiutato gli altri. Altri si occupano di far sì che i miei bisogni siano risolti – fanno del loro meglio per assicurarsi di farmi vivere un altro giorno.”
Prendetevi cura di voi, ma ricordate che il tempo farà delle magie
Ho sofferto per un’acne veramente brutta per circa 2 anni – e intendo, davvero brutta. So che questo problema sembra banale per alcune persone, ma credetemi, è molto di più.
Va oltre le semplici apparenze fisiche – mi ha colpito fisicamente, emotivamente e psicologicamente.
La mia autostima era ai minimi storici. Alcuni giorni, le mie insicurezze hanno avuto la meglio su di me e mi ossessionavo per i miei brufoli e le cicatrici, per vedere se fossero migliorati dal giorno prima. Odiavo guardarmi allo specchio, ma, per ironia, non riuscivo a smettere. Passavo lunghi periodi di tempo a fissare il mio riflesso e mi chiedevo cosa avessi fatto di sbagliato e se mai avrei avuto una pelle chiara e pulita.
Ho evitato il contatto visivo con le persone il più possibile. Odiavo incontrare amici e parenti, perché sapevo che avrebbero chiesto. Che le loro domande mi avrebbero ferita. Alcuni hanno anche fatto commenti ‘divertenti’. Non ho mai fatto vedere quanto le loro parole mi colpissero – ogni volta rispondevo con un sorriso, ma quello che non sapevano era che qualche volta andavo a casa e piangevo nella mia stanza. Faceva sempre male.
“Ma il tempo guarisce tutte le ferite e le cicatrici dei brufoli. A un certo punto, ho accettato che alcune cose richiedono tempo. Alla fine le cicatrici si sono sbiadite e la mia pelle è migliorata. E anch’io. Anche se mi è costato molto, sono contenta di aver affrontato questa lotta. Ho imparato ad accettare e ad amare me stessa nel momento peggiore, e per questo motivo, ora sono sempre pronta a scoprire cosa sono al meglio.
Quindi sì, l’aspetto non è tutto, ma neanche niente. Forse alcuni di voi stanno attraversando le stesse mie difficoltà di un tempo – non siete soli. Andrà meglio. Fate quello che dovete per prendervi cura della vostra pelle (e di voi stessi), ma ricordate di lasciare che il tempo faccia la sua magia. Varrà la pena aspettare.”
La dislessia mi faceva sentire una delusione per mia madre
“Vi è mai capitato di scrivere le lettere in maniera confusa? Come se aveste intenzione di scrivere ‘cane’ ma invece hai scritto ‘cono? Questo è quello con cui ho lottato nella crescita. Ho un disturbo dell’apprendimento chiamato dislessia. La sua definizione è un termine generale di disturbo che comporta difficoltà a imparare a leggere o interpretare parole, lettere e altri simboli.
La prima volta che ho sentito parlare di dislessia è stato quando avevo 8 anni. Uno degli amici di mia madre gliel’ha fatto notare, e sono stato portato da uno specialista. A quel punto non ero a conoscenza degli enormi cambiamenti che stavano arrivando. Per me era semplicemente incontrare questa signora che mi insegnava a leggere correttamente. Come ogni ragazzo cinese, sono stato iscritto in una scuola elementare cinese. Non ero certo il migliore a scuola, ma ho sempre avuto un grosso problema con l’apprendimento delle lingue e non ero in grado di impararle in fretta come i miei amici.
L’anno seguente, sono stato trasferito in una scuola elementare media malese. Ero felice di non dover più imparare il cinese, ma non sapevo che sarei rimasto scioccato dalla mia vita. È accaduto durante il primo corso di matematica, quando avevo bisogno di usare l’inglese o il malese per rispondere alla domanda. Tutto mentre io usavo il mandarino per la matematica.
Tutto è successo così velocemente che non sono riuscito nemmeno a elaborarlo.
Quando mi sono stabilito nel mio nuovo ambiente mi sentivo ancora isolato da tutti. Non ero trattato in modo orribile, infatti ero vicino alla mia insegnante. Il senso di isolamento per me era dato dal non essere in grado di apprendere le cose velocemente come i miei amici. Questa cosa mi faceva perennemente sentire frustrato. Per anni ho combattuto con problemi di autostima. Mi sentivo come se fossi una delusione per mia madre. Mia madre non mostra molte emozioni, ma posso dire che mi ama molto.”
- Le interviste di RDD
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