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Francesca De Pascale: "Quello che rende davvero belle noi donne"

"Alla me stessa di 10 anni fa direi: tu sei più importante di quanto ti accade. Un fallimento è il fallimento di quella cosa lì, da cui avrai quasi sicuramente imparato qualcosa, non il tuo fallimento come persona. Impegnati, impara, dai il meglio di te. Ma con un po' meno fatica e con più leggerezza"

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Francesca De Pascale ha un volto che ti cattura l’attenzione.
Bello, quasi senza trucco e senza la perfezione di una simmetria geometrica.

La sua è una bellezza personale e memorabile: non rischi di incontrarla tra qualche mese e non ricordarti bene chi è e quando ci hai avuto a che fare. Non risponde a stereotipi e modelli.

La imbarazzerebbe, probabilmente, sentirsi rivolgere questo complimento e se ne schermirà, forse, quando lo leggerà: perché come tutte noi, in quelle stesse cose in cui altri hanno visto la nostra unicità (e poi magari con il tempo ci siamo arrivate anche noi), anche lei deve averci visto a suo tempo un difetto, qualcosa da cambiare. Magari per omologarsi a un canone, per essere più simile alla donna vista in una pubblicità. Forse.

La “scusa” per incontrare Francesca De Pascale – social media manager per Garnier Italia (Gruppo L’Orèal) – è la sua presenza, insieme a noi, ai Digital Innovation Days, appuntamento imperdibile per chiunque si interessi di digital, social network e innovazione tecnologica (Milano il 17, 18 e 19 ottobre 2019).

Mi occupo di una delle community più belle in ambito beauty e nella vita sono la mamma di Nicola. Praticamente gestisco due community, quella di Garnier Italia e quella domestica.

Si presenta così e, siccome le relazioni sono fatte di parole ma anche di energie, tu hai la sensazione di aver di fronte una persona interessante e poco tempo per scoprirla.

Parliamo di bellezza. Può sembrare ovvio, visto il brand per cui lavora. Ma Francesca non ci rifila quel “segreto di bellezza” che quotidianamente qualcuno ci propina, promettendoci il miracolo in 5 minuti, 5 mosse o una settimana.

“La bellezza non è un percorso lineare per le donne. Cresciamo in un mondo di stereotipi. Cresciamo e solo con il tempo prendiamo consapevolezza di noi stesse. Per me la maternità è stata fondamentale in questo senso, mi ha aiutata anche a capire cos’è la bellezza, almeno per me”.

E cos’è?
“Personalmente è l’aver capito il mio perché nel mondo e stare bene con me stessa. A prescindere dalle occhiaie, dalla bavetta di Nicola appiccicata sul tailleur perfetto. È, finalmente, profonda consapevolezza di quello che mi muove nel mondo. Ed è un concetto che mi viene da traslare anche nel mio lavoro in Garnier”.

In che modo?
“Parto da un vantaggio. Garnier in questo senso ha sempre coltivato, anche in anni in cui ciò era decisamente all’avanguardia, l’idea di una bellezza accessibile, che passa per gesti semplici e che è alla portata di tutte le donne.
Ma negli anni abbiamo costruito uno storytelling ed è in questo che traslo la mia idea di bellezza:

sono belle le donne che si mettono in gioco, lo sono quelle che fanno una vita normale, lo è una donna quando capisce che non deve essere per forza straordinaria o eccezionale”.
È una bellezza di senso e di valori.

Parliamo di empowerment femminile?
“Ma sai, l’empowerment è facile da cavalcare. Anche questa cosa che le donne devono essere Wonder Woman, in realtà, è un altro peso che ci mettono e ci mettiamo addosso: devi prenderti quello che vuoi, essere performante, aggressiva. È esattamente un altro stereotipo.
Quella di cui parlo è una bellezza naturale, passa per il prendersi cura di sé e, infatti, da molto tempo il claim di Garnier Italia è “Prenditi cura di te”.

In questi anni per noi è diventato un mantra. Da ripeterci e da ripetere alla nostra community. Perché per le donne prendersi cura di se stesse è sempre più difficile: abbiamo una lista di cose da fare sempre in over, cui aggiungiamo le pretese altrui e quelle che auto pretendiamo da noi stesse.

Sai quante volte mi capita di rispondere a qualche ragazza o donna sulla community, anche la sera o fuori l’orario di lavoro, che si autoinfligge commenti negativi?“.

E cosa le dici?
“Che posso anche consigliarle una crema, ma che non è brutta e questo è un percorso di consapevolezza fondamentale e importante, in cui chi fa questo lavoro ha delle responsabilità”.

Quali?
“Le donne si confrontano con i modelli che noi persone che parliamo e comunichiamo bellezza diamo loro.
Siamo responsabili dei modelli che proponiamo.

Parliamo per esempio di influencer. Da brand mass market è chiaro che il nostro obiettivo sia raggiungere più persone possibili. In passato, in questo senso, abbiamo scelto di legarci a profili che erano sotto i riflettori, scelti solo in base al numero di follower: ma è sbagliato. Rischi di perdere di vista il tuo macro valore e di legarti a persone che non lo condividono e, magari, il giorno dopo aver promosso te, promuovono un bibitone o una crema che fa promesse sbagliate o di cui non conoscono neppure gli ingredienti”.

E allora cosa avete fatto poi?
“Abbiamo deciso di prendere posizione e iniziare una rivoluzione.
Il solo influencer non ci interessa più. Cerchiamo content curator che non siano scesi e non scendano a compromessi rispetto ai valori in cui credono e che rappresentano.
Basta “mogli di” o persone che raccontano cosa significhi passare la giornata tra un selfie e un set. Quella non è vita vera. Nella comunicazione serve coerenza. Oggi scegliamo microinfluencer e, in alcuni casi, abbiamo addirittura messo a contratto alcune nostre super fan – per esempio una studentessa di Giurisprudenza e una casalinga – che conoscono i nostri valori, ci credono e li rappresentano in modo autentico.

A livello etico i brand non possono più permettersi di non prendere posizione: non si può più foraggiare questo sistema di influencer marketing, inteso come persone che venderebbero codici sconti di qualsiasi prodotto, senza neppure interrogarsi sulla sua bontà, purché ampiamente pagate.
Le aziende hanno il dovere di non fare troppo le furbe o solo marketing: bisogna creare relazioni di fiducia e dare sostanza.

Prima di Garnier lavoravi in un ambiente – quello degli orologi di lusso – a target fortemente maschile. Cosa ti ha spinta a cambiare e, soprattutto, il tuo essere donna ti è mai stato fatto pesare come un problema a livello professionale?
“Dopo la maternità mi è stato chiaro che il tempo passato lontano da mio figlio doveva essere di qualità e giustificato. Avevo voglia di tornare a parlare alle donne con contenuti di valore.
Ora il mio tempo lontano da Nicola è esattamente così: è dedicato alle donne, con la missione di cambiare il concetto di bellezza in questo Paese e di liberare le donne da stereotipi e pretese insensate”.

Quanto a eventuali discriminazioni?
“Sì, ce ne sono state. Mi sono trovata a fare dei compromessi e sono stati il motore per credere e sperare ci fossero realtà diverse.

Mi sono trovata in situazioni in cui, con una pancia enorme, mi trovavo a gestire progetti e mille cose con l’uguale efficienza di sempre, ma non venivo più invitata alle riunioni o estromessa dalle decisioni perché “tanto tra poco diventi mamma”. Non è solo la mia storia: è la storia di un Paese.

Per me era importante diventare parte di un cambiamento in maniera attiva. Ora sono in un’azienda con molte donne al vertice, senza che questo sia un’anomalia. Ho sfide toste, ma posso portare Nicola al nido o fare riunioni da casa con la voce trafelata mentre lui piange e la cosa è considerata ok: non devo alzare la mano e rivendicare il mio ruolo.

Faccio il mio lavoro al meglio e faccio la mamma al meglio: accettando che sia tutto imperfetto.
Nicola non crescerà con una mamma perfetta: sono un disastro, al nido trovo sempre post it a dirmi che manca un cambio o altro. Ma è vita che scorre e sono molto grata di questo disastro.

Cosa diresti a una ragazza che entra oggi nel mondo del lavoro?
“Da qualche giorno è arrivata una ragazza e posso dirle cosa le ho detto: tutto quello che farai qui per te sarà un assoluto. Se qualcosa andrà storto per te sarà un assoluto.
I feedback negativi o positivi che ti arriveranno da me per te lo saranno.
Quando accadrà respira e cerca di dare il giusto peso a tutto.

Alla me stessa di 10 anni fa direi: tu sei più importante di quanto ti accade. Un fallimento è il fallimento di quella cosa lì, da cui avrai quasi sicuramente imparato qualcosa, non il tuo fallimento come persona.
Impegnati, impara, dai il meglio di te. Ma con un po’ meno fatica e con più leggerezza”.

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Digital Innovation Days Italy (#DIDAYSIT) sono l’evento dedicato alla trasformazione digitale a 360 gradi, nato per celebrare le potenzialità dei social network e dell’evoluzione tecnologica e gli impatti da questi generati sulle nostre vite e sul business.
A Milano il 17, 18 e 19 ottobre 2019.

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